È un appellativo poco “allettante” quello con cui viene chiamato un prelibato piatto di pesce tipico di Termoli, borgo marittimo della provincia di Campobasso che si affaccia sull’Adriatico, ma il “pappone” è una gustosa specialità da assaggiare o preparare in casa. È un piatto “povero” a base di fette di pane casareccio raffermo bagnate in un intingolo di pesce freschissimo.
Il pappone è una pietanza molto antica, legata alla tradizione marinara della città. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi e sono frutto dell’ingegno di chi deve inventarsi piatti con quel poco che ha. È, di fatto, una variante “rinforzata” del brodetto – u vredétte in dialetto molisano –, che in passato le mogli dei pescatori preparavano la sera, con la “scafetta”, la porzione di pesce portata dai mariti al ritorno a casa dopo la giornata di pesca.
La scafetta (avanzo di pesce accumulato nel fondo dello scafo, da cui il nome) era fatta da pesce di fondale raccolto a bordo delle “paranze” – le barche in legno utilizzate per la pesca a strascico, nella quale la rete viene, appunto, trascinata sul fondo del mare: poteva contenere cicale o pannocchie, triglie, merluzzetti, scorfani, razze, cozze e lupini, gallinelle, seppioline, che venivano cotte con pomodoro, olio di frantoio, un pizzico di peperoncino e un peperone verde, che conferiva una nota insolita al risultato finale.
Come in molte altre tradizioni regionali con il pane raffermo spugnato in un brodo di carne o di pesce o il sugo di pomodoro anticamente si preparavano le “pappe”, di cui la più famosa è quella “al pomodoro” cantata da Rita Pavone.
Il pappone è una vera istituzione nella cucina molisana, tanto che il termolese doc Giovanni De Fanis, nato nel 1942 in una famiglia di pescatori, gli ha dedicato dei versi, pubblicati nel 2000, nella raccolta di poesia Retratte (“Fotografie”):