“Il pane e il vero alimento italiano. Più della pasta. Nessuno ha il culto del pane come noi. Certo, i francesi, ma se fate un giro del mondo, non necessariamente in ottanta giorni, anche nel luogo più sperduto, gli unici che chiederanno, prima di tutto, il pane saremo noi. A me è successo più volte di vedere, sui volti degli osti, lo sconcerto per la velocità con cui spariva il pane appena portato, se c’erano italiani seduti a tavola. “More bread”. ancora pane, è la frase che i commensali italiani all’estero ripetono più spesso”.
Roberto Perrone non ha dubbi, è il pane l’alimento che più di ogni altro rappresenta il mangiar italiano. Giornalista del Corriere della Sera ha seguito (e scritto) i più importanti avvenimenti sportivi degli ultimi 30 anni, in giro per il mondo. Viaggiatore curioso e “goloso” ha raccolto gli appunti (poi divenuti articoli) dei viaggi e dei ristoranti visitati durante le trasferte di lavoro in piacevoli racconti sulla cucina e la gastronomia italiana e internazionale. E’ nato così “Il Manuale del viaggiatore goloso” (Mondadori, 2015). In questo delizioso libro che affronta e racconta le più importanti tradizioni enogastronomiche italiane legandole ai luoghi e al territorio. Il libro è tutto da leggere, ma il capitolo sul pane è veramente un capolavoro.
“Il pane e un grande alimento, è il cibo primigenio. È la prima cosa che ti tolgono quando cominci una dieta, ovviamente. È il cibo che si spezza per dividerlo tra i convenuti, e il segno della Comunione, dell’amicizia, del legame. Gli altri alimenti passano, il pane resta. È il vero cibo del Natale, il luogo delle grandi storie, delle favole vere, come quella di Rocco Princi, da Fiumara di Muro, il paese tra il mare e l’Aspromonte, a Milano. Rocco e partito di la per sfornare, nei suoi quattro negozi, il miglior pane di Milano (e per Natale anche un panettone buono tutto l’anno). Prima di diventare panettiere e poi imprenditore di successo (citato nei libri di economia della Bocconi), prima di sbarcare addirittura a Londra, ha fatto tutti i mestieri, compreso il lavavetri all’imbarco dei traghetti a Villa San Giovanni quando ancora non c’erano gli extracomunitari a monopolizzare il settore. È arrivato a Milano a meta degli anni Ottanta, a piazzale Istria. Da li ha cambiato il modo di intendere il pane in città, rompendo la pausa pranzo, proponendo il pane caldo nel pomeriggio, disabituando la gente alla michetta e seducendola con altri tipi di pane. È stato a imparare nel forno di uno sperduto paesino del Nord della Francia. È sempre la passione a muoverlo, prima del business. Lo capisco da come parla del fomo a legna di via Speronari, dove il fuoco e alimentato da listelli di legno di faggio tagliati su misura e provenienti dalla Francia, come il sale (bretone). La farina invece è del Mulino Marino nelle Langhe. La lievitazione è naturale. Rocco mi fa assaggiare pane con fichi e noci, con il mais, con le olive taggiasche, con le castagne (straordinario con un formaggio di grande spessore), con l’uvetta. Il suo pane fa festa, fa Natale. È raro trovare uomini così, con il rispetto per il pane. Ma ci sono. Penso a Ezio Marinato, gia campione europeo e mondiale di panificazione con il suo panpolenta, a base di polenta bianca di mais indicato per fare la scarpetta con il rimasuglio del sugo. E poi a Ciro Malafronte e ai suoi figli Massimiliano, Adriano e Daniele che a Gragnano, nel paese della pasta sfornano un pane lievitato soffice. «un “cafone” nostrano, ma non come il cafone pugliese, il nostro e un tipo molto leggero”.