Oggi non è difficile trovarlo nelle migliori panetterie o nei banchi dedicati della Grande distribuzione. Ma è considerato un prodotto gourmet. È il Pane di castagne, che per secoli ha rappresentato il sostitutivo di quello di grano nei mesi invernali. Conosciuto anche come “Pane Martino”, è chiamato così perché in molte regioni viene tradizionalmente preparato per festeggiare la cosiddetta estate di San Martino, l’11 novembre. È molto gustoso con i pomodori e con i formaggi freschi come le caciotte di pecora o la ricotta, prodotti che non mancavano mai nelle case dei contadini. Ottimo per la colazione perché molto nutriente, ancor di più se consumato con del burro, marmellate o il miele. Secco lo si utilizzava e lo si utilizza nelle zuppe. Ancora oggi il consumo è molto legato alle tradizioni locali e ai prodotti tipici del territorio.
Un pane ricco di storia
Un pane ricco di storia
La castagna, ricca di amido ed economica – almeno fino a cinque o sei decenni fa –, veniva impiegata per la produzione di una farina ottenuta mettendo a essiccare i frutti all’interno di casotti di pietra posti sul fuoco e poi macinandoli nei mulini ad acqua. Questo procedimento avveniva tra ottobre e novembre, durante il periodo di raccolta dei marroni, e permetteva di avere così scorte di farina per tutto l’inverno, quando molti comuni di montagna rimanevano isolati ed era impossibile scendere a valle per procurarsi la farina di grano. Il pane veniva lavorato di solito unendo la farina di castagne con quella di grano oppure con le patate lesse. Le profumate e scure pagnotte, cotte nei camini di casa, rappresentavano anche una valida alternativa al costoso pane bianco, oppure venivano preparate quando la farina di frumento scarseggiava, per esempio nei periodi di magra o di guerra.
La produzione del pane di castagne è storicamente legata alle regioni italiane dove questi prelibati frutti abbondano: il Piemonte, la Toscana – patria dei Marroni del Mugello e delle Castagne del Monte Amiata –, l’Umbria, la Calabria, la Campania – in particolare il Cilento con i pregiati Marroni di Roccadaspide e l’avellinese con le castagne di Montella. Oggi, visto il costo decisamente alto delle castagne, non è più considerato un alimento ‘povero’, come avveniva nei secoli scorsi, ma una specialità prelibata e ricercata, da accompagnare a salumi, formaggi, composte di ortaggi o marmellate di frutta.
Tra i pani di castagne più famosi della Penisola, prodotti tutt’ora, troviamo il Pane di San Martino, la Marocca di Casola e i necci della Garfagnana. Non meno conosciuto il Pani ‘i castagne calabrese, che molti ritengono la prima regione dove sia stato prodotto. Qui è spesso accompagnato con i classici pomodori secchi sott’olio.
Il Pane di San Martino
Conosciuto anche come “Pane Martino”, è chiamato così perché in molte regioni viene tradizionalmente preparato per festeggiare la cosiddetta estate di San Martino, l’11 novembre: secondo la leggenda, in quel giorno – era un imprecisato anno del IV secolo d.C. –, il vescovo di Tours si privò del suo mantello per donarlo a due menticanti e il freddo clima novembrino divenne improvvisamente mite. Patrono di numerosi comuni italiani – da Belluno fino a Martina Franca, passando per Legnano, Legnago, Sesto Fiorentino e tanti altri –, dal Piemonte alla Puglia il santo francese viene onorato con un grosso pane, dalla forma simile a quella di un panettone, fatto con farina di frumento e di castagne, lievito di birra, acqua tiepida, olio d’oliva e noci spezzettate.
La Marocca di Casola
È una pagnotta del diametro di una ventina di centimetri, impastata con farina di castagne, poca farina di granoturco, patate lesse e schiacciate, pasta madre e un filo d’olio, dalla consistenza molto dura – marocat nel dialetto locale significa infatti ‘poco malleabile’ – e dall’aroma forte. Oggi è considerata una specialità rara ed è tutelata dal Presidio Slow Food, dal momento che a Casola (Massa Carrara), il borgo della Lunigiana dove è nata secoli fa, viene prodotta da un solo forno a legna, quello di Fabio Bertolucci, in Via Villa di Regnano. Ma non era così in passato, quando gli abitanti di questa zona collinare della Toscana, non avendo a disposizione la farina di frumento – coltivato a fondovalle – per fare il pane e la polenta utilizzavano quella delle castagne, particolarmente abbondanti nei boschi della Lunigiana.
La Marocca, che rimane fresca e fragrante a lungo, può essere gustata semplicemente con un filo d’olio extravergine toscano o con un velo di miele, ma è superba con il morbido e delicato caprino della Maremma e con il lardo di Colonnata.
I necci della Garfagnana
La Toscana è anche la patria dei necci, sottili focaccine non lievitate lavorate con la farina di neccio della Garfagnana – il neccio in dialetto lucchese non è altro che la castagna –, acqua e un po’ di sale. Vengono cotte sui testi – eredi del testum che i romani utilizzavano per cuocere le focacce –, lastre di terracotta o ghisa arroventate sulla fiamma del camino o sulle stufe a legna, diffuse tutt’ora tra l’Umbria, la Toscana, l’Emilia e la Liguria.
Per secoli i necci hanno sfamato le famiglie dei contadini, che li mangiavano ‘a biuscio’, ovvero senza condimento, oppure ‘guerci’, farciti con una fettina di pancetta. Oggi nei forni della zona vengono proposti soprattutto in versione dolce, con ricotta e canditi o gocce di cioccolato. Li ritroviamo pure in Emilia Romagna, dove sono chiamati ciacci, in Liguria (ciaccìn a La Spezia, panelle a Sestri Levante) e persino in Corsica (nicci).
La ricetta della pagnotta classica
La ricetta della pagnotta classica
Ingredienti
400 gr di farina 00
200 gr di farina di castagne
Un panetto di lievito di birra
Acqua tiepida q.b.
Un pizzico di sale
Procedimento
Sciogliete il lievito in poca acqua tiepida; setacciate le due farine e disponetele a fontana sulla spianatoia mettendo al centro il lievito e un pizzico di sale. Unite l’acqua poco alla volta e impastate formando un panetto sodo che farete lievitare per due ore circa. Trascorso il tempo necessario, riprendete l’impasto e formate una pagnotta. Infornate per 15 minuti a 230 gradi, poi abbassate la temperatura del forno a 180 gradi e fate cuocere per altri 40 minuti.