Negli ultimi anni il mercato dei distillati ha assistito all’esplosione del consumo di gin, con conseguente nascita di nuovi brand e micro etichette. Ma cos’è il gin? Come si fa? Con cosa si produce?
La redazione di Mangiarebuono ha chiesto a un vero e proprio esperto di raccontarci la storia di questa bevanda spiritosa, di sfatare alcuni falsi miti ed elencare le principali botaniche. Parliamo di Eugenio Belli, Master Distiller di Eugin Distilleria Indipendente (con sede a Meda – MB) tra le prime ad aprire in Italia.
Con il tono entusiasta e a volte dissacrante che lo contraddistingue, Eugenio esordisce così: “Nel modo più semplice possibile, a tratti brutale, il gin non è altro che vodka ridistillata con altri ingredienti che conferiscono un sapore diverso da quello del puro alcool neutro.”
Approfondendo la tecnica di quello che è sicuramente il distillato più popolare degli ultimi anni, si scopre che il gin è una bevanda che deve rispettare criteri ben precisi all’interno dell’Unione Europea. Infatti, in Europa il gin è prima di tutto una bevanda distillata con prevalente sapore di ginepro, con almeno 37,5 di gradazione alcolica, ottenuta partendo da alcool di origine agricola ridistillato in presenza di bacche di ginepro. Alcol e ginepro, quindi, in estrema sintesi, sono alla base di qualsiasi gin: in particolare, bacche di ginepro vere e proprie – non importa se siano fresche, secche, nazionali, comunitarie, ma non devono essere essenze o alcolati – e alcool neutro sopra i 95 gradi ottenuto in gran parte dalla fermentazione di cereali, melassa, grano e patate.
All’interno della famiglia del gin ci sono poi due grandi gruppi: il London Dry e il gin genericamente detto “distillato”. Il primo rappresenta la forma più tradizionale e più pura di fare gin e prevede che, oltre al ginepro, siano usati solo ingredienti naturali e solo durante il processo di distillazione. La seconda è una categoria più permissiva ammettendo l’utilizzo di essenze, alcolati e in generale di aromatizzanti aggiunti dopo la distillazione. Da questa distinzione emerge palesemente che il London gin non è così chiamato perché proveniente da Londra o dal Regno Unito, ma semplicemente perché si rifà alla tradizione anglosassone nella tecnica di produzione di questo superalcolico.
Al di là di queste classificazioni, non esiste una vera e propria regola su quali ulteriori ingredienti, oltre alle bacche di ginepro e all’alcol, siano da utilizzare nella ricetta di un gin.
La pratica e la storia hanno portato tuttavia alla creazione di una sorta di “triade” di ingredienti costituita da bacche di ginepro, semi di coriandolo e radice di angelica: il ginepro dà infatti la base gustativa principale, il coriandolo una certa freschezza e una nota agrumata, mentre la radice di angelica conferisce una nota di spezie e persistenza, chiudendo così il cerchio.
Riassumendo: alcol e bacche di ginepro perché si possa definire gin; coriandolo e angelica perché il distillato abbia una propria struttura completa e sia quindi gradevole e bilanciato da bere.
Oltre a questo, non c’è quasi alcun limite per l’utilizzo delle botaniche: fiori, spezie, radici, cortecce, foglie, frutti, fino alle alghe e ai gusci di molluschi. L’abilità di un bravo distillatore consiste nel saper bilanciare tutti gli elementi e creare una ricetta che abbia qualcosa di credibile da raccontare ad ogni sorso.
Cheers!