Altamente digeribile, povero di grassi e versatile in cucina. A lungo escluso dalle tavole, il farro sta rientrando gradualmente nella dieta degli italiani, che stanno scoprendo il piacere e l’importanza di consumare altri cereali oltre al frumento, per un’alimentazione varia ed equilibrata.
I chicchi sono ottimi nelle saporite e nutrienti zuppe invernali, abbinati ai legumi, per esempio fagioli, ceci, fave secche o lenticchie, alle verdure, come verza e broccoli, o alle patate. Nei mesi caldi il farro è perfetto per le insalatone estive: dopo essere stato lessato, può essere servito insieme a tonno, capperi e olive, pomodorini e mozzarella, fagiolini e formaggio, verdure grigliate e gamberetti, e poi condito semplicemente con un filo d’olio extravergine e un pizzico di sale. Saltato in padella con melanzane, zucchine e peperoni, costituisce un gustosissimo contorno.
Con la farina di farro, in vendita nei negozi di alimenti biologici ma negli ultimi tempi anche al supermercato, è possibile preparare in casa il pane e la pizza, i dolci e i biscotti: i prodotti da forno realizzati con questo cereale, dal colore ambrato e dall’aroma intenso, hanno un sapore simile a quelli ricavati dalla farina di frumento, ma sono meno calorici e più ricchi di fibre.
Una fonte di benessere in pochissime calorie
Una fonte di benessere in pochissime calorie
Leggero e dietetico, con sole 340 chilocalorie in 100 grammi di prodotto, il farro ha un ridottissimo contenuto di grassi – l’1,5 percento – ma un’elevata quantità di proteine.
Contiene vitamina A, B2 e B3 ed è ricco di sali minerali come fosforo, potassio e magnesio; è inoltre una fonte importante di fibre, utili per il benessere dell’intestino, e di metionina, un amminoacido che favorisce la digestione e svolge un’azione disintossicante sull’organismo.
Quello che troviamo in commercio, coltivato nei Paesi del Mediterraneo, appartiene alla varietà del Triticum Dicoccum (o farro medio) ed è disponibile in due versioni: decorticato, ovvero rivestito dalla buccia, che necessita di qualche ora di ammollo prima di essere cucinato ma mantiene intatte le fibre, e perlato, privato del rivestimento esterno, che cuoce in tempi più rapidi.
Una storia lunga 5000 anni
Una storia lunga 5000 anni
La coltivazione del farro ebbe inizio oltre 5000 anni fa in Medio Oriente, nel territorio compreso tra l’Iran e la Palestina attuali. Giunto in Egitto grazie alle popolazioni nomadi, l’antenato di tutti i cereali arrivò nella nostra Penisola attorno al VII secolo a.C., diffondendosi prima in Etruria e poi a Roma. I soldati dell’Impero ne facevano delle gallette da mangiare nel corso dei loro lunghi viaggi, mentre una forma di matrimonio diffusa nell’antica Roma, la confarreatio, era celebrata proprio donando agli sposi una focaccina di farro.
Nei Paesi occidentali e in Europa è stato consumato per secoli, per poi scomparire quasi del tutto agli inizi del Novecento, sostituito dal frumento, che in coltura assicura una resa migliore a costi inferiori. In Italia però esistono ancora due pregiate varietà di questo antichissimo cereale: il farro IGP della Garfagnana e quello DOP di Monteleone di Spoleto. Il primo, ricco di amido, è coltivato con metodi biologici nei comuni che compongono la Comunità Montana della Garfagnana, in provincia di Lucca, ad un’altitudine compresa tra i 300 e i 1000 metri. Il Farro di Monteleone di Spoleto DOP nasce invece nell’omonimo comune dell’Umbria e in altri paesini della provincia di Perugia – Poggiodomo, Sant’Anatolia di Narco, Cascia, Vallo di Nera e Scheggino.