
Dalla Valtellina, la fertile pianura lombarda, ricca di storia e tradizione agro-alimentare, nasce il Bitto, formaggio tipico, dalle origini antichissime.
Secondo alcuni storici l’allevamento iniziò proprio in questa zona quando alcuni clan celtici, scacciati dalla pianura dai Romani, trovarono rifugio in Valtellina, colonizzando la zona: il nome Bitto pare si possa ricondurre alla parola celtica “bitu“, che significa “perenne”, a dimostrare la grande conservabilità di questo formaggio e ad una zona precisa della Valtellina, le Valli del Bitto, dove secondo la leggenda è iniziata la produzione e dove risiedono attualmente la maggior parte dei produttori.
Essendo impensabile che tutta la popolazione seguisse il bestiame ad alte quote ed essendo precarie le condizioni delle vie di comunicazione, quei primi allevatori dovettero per forza di cose escogitare qualche sistema che gli permettesse di conservare nel tempo e di trasferire nello spazio il latte, il principale prodotto dell’allevamento. La soluzione più logica fu naturalmente quella di trasformarlo in formaggio e per i Celti, esperti conoscitori dell’uso del caglio, fu relativamente semplice iniziare una produzione di formaggi “a lunga conservazione”. Attualmente il Bitto “Valli del Bitto” è infatti l’unico formaggio al mondo che dura oltre i 10 anni.

Il formaggio, una volta lavorato, presenta una forma cilindrica, regolare, con superfici piane e con uno scalzo concavo a spigoli vivi. Il diametro delle facce è di circa 30-50 cm. La pasta è caratterizzata da una struttura compatta. Al taglio il colore si presenta variabile dal bianco al giallo paglierino, a seconda della stagionatura. Il sapore del Bitto é dolce, delicato e diventa più intenso con il procedere della maturazione.
Presso il Centro del Bitto, che si trova a Gerola Alta, è possibile lasciare in “deposito” la propria forma di Bitto storico acquistata perché possa essere stagionata in loco. Sulle forme può essere anche aggiunto in nome dell’acquirente.
Oggi possiamo trovare sul mercato due diversi tipi di Bitto: il Bitto D.O.P e il Bitto Storico. Il Bitto Storico, quello vero, è un formaggio presidio slowfood e prevede dei paletti rigidi per la produzione: il latte (con una percentuale di latte di capra Orobica, intorno al 10-20%) deve essere lavorato a caldo e al massimo a mezz’ora dalla mungitura, che deve avvenire a mano. La cagliata deve essere fatta sul luogo di mungitura all’interno dei classici calécc, strutture millenarie in pietra e tendaggi che fungono da caseificio ambulante. Il Bitto D.O.P (che i puristi chiamano Nuovo Bitto) invece consente che le vacche vengano alimentate con mangimi, non è necessario che ci sia latte di capra e sono ammessi i fermenti nella lavorazione. La sostanziale differenza tra i due sta quindi nel rispetto delle tradizioni e delle tecniche antiche. La conoscenza degli uomini che producono il Bitto è immensa e sono rimaste soltanto 14 aziende a custodirla, con una produzione di circa 1500 forme all’anno. Oggi il bitto storico sopravvive miracolosamente senza un sussidio, senza un aiuto, ma solo grazie al passaparola.
Come gustarlo
Negli stadi giovanili il Bitto è un prelibato e classico formaggio da taglio e lo si può accompagnare con miele e confetture, noci e aceto balsamico. Dopo l’anno di stagionatura, diventa prodotto da accompagnare ai migliori cibi e alle più raffinate tavole. Essendo un formaggio che si fonde completamente può essere impiegato nella preparazione di piatti tipici valtellinesi, come i Pizzoccheri della Valtellina, la Polenta Taragna e gli Sciatt di Bitto, ma viene apprezzato anche a fine pasto accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso Valtellina DOCG.
Per conoscerlo meglio da vicino, da oltre 100 anni tantissimi visitatori si recano alla “Mostra del Bitto” che si tiene a Morbegno, in provincia di Sondrio, ogni anno nel mese di ottobre.