“La cucina italiana è lo strumento più prezioso che abbiamo ricevuto per sapere che nella vita non ci si deve omologare mai passivamente alle regole, alle abitudini, alle leggi imposte, alla globalizzazione dei gusti che ogni cosa cancella. Perchè la cucina italiana nel suo esser cucina geniale a partire da poco, ha aiutato a vivere con dignità nella disoccupazione, nelle ingiustizie, nelle emigrazioni, durante regimi infami, nella guerra, nella fame”.
Don Pasta, al secolo Daniele De Michele, è lapidario. Dj, economista, ma soprattutto appassionato di gastronomia in collaborazione con Casa Artusi, ha lanciato il progetto Artusi Remix, un progetto per la reinterpretazione del famoso testo di Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina“. “Il cibo è un linguaggio – continua Don Pasta – è lo strumento attraverso cui si tramanda una storia, familiare, paesana, collettiva”. Utilizzando come punto di partenza il famoso volume di Pellegrino Artusi, Don Pasta vuole creare un nuovo vero e proprio ricettario della cucina italiana, attualizzando il metodo e le riflessioni dell’Artusi.
I tortelli di zucca
Ancor più di tortellini e cappelletti, per il raviolo (o tortello, come tende a specificarmi Giuseppe Romanetti) nella farcia non ci sono regole, o comunque la gente si è giustamente arrogata il diritto di non darsene affatto. In giro per il mondo ormai moltissimi ristoranti fanno i ravioli italiani.
Sono l’uovo di Colombo. C’è da sbizzarrirsi. Ma attenzione agli equilibri. I sapori devono sentirsi nitidamente. Nessuno deve schiacciare l’altro. Nel raviolo il criterio è ribaltato rispetto alla pasta: qui è il sugo che accompagna. Mai fare cose troppo complesse nei sughetti. Per potersi immergere, come si deve, nel mondo dei ravioli e dei tortelli, permettersi delle libertà, è bene prima capire come è stata concepita la ricetta originale. Giuseppe Romanetti di Casalmaggiore, nel cremonese, mi ha inviato un vero e proprio manuale di comportamento nella preparazione del tortello di zucca. “Specificazioni indispensabili a proposito dei vari ingredienti: la zucca è l’ingrediente principe. Deve essere soda, pesante, avere profonde insenature, picciolo ben secco, rugosa e non lucida, costoluta e dal color giallo-verde zigrinato. L’ideale è quella ‘americana’. La cottura va fatta con la buccia, lessata in modo che resti soda e non acquosa (ma le zucche giuste non danno questo problema). Mai cuocere al forno e mai al vapore, scorciatoie da chef televisivi aggressivi quanto approssimativi. Mostarda alla mantovana: la amo con una bella personalità di senape. Si usano in genere le pere, ma io preferisco quella di mela ‘campanina’. Amaretti: di ‘Saronno’ o mantovani, secchi e poco dolci. Parmigiano reggiano o un grande grana padano: almeno 24 mesi garantiti di stagionatura”.
La ricetta dei tortelli di zucca
Per 4 persone (8 tortelli a testa circa)
Per la pasta:
100 g di farina bianca 00
1 uovo intero
1 tuorlo
1 pizzico di sale
Per il ripieno
200 g di zucca cotta e passata al setaccio (per ottenere tale quantità occorre una fetta da circa 400 g)
70 g di mostarda di frutta (pere, mele) senapata
25 g di amaretti tritati (un tempo si usavano i semi di pesca o albicocca conservati dall’estate)
25 g di parmigiano reggiano grattugiato
1 grattatina di noce moscata
pepe
sale volendo anche cannella e chiodi di garofano ma con moltissima parsimonia.
Per il sugo
soffritto di olio
cipolla
salsa di pomodoro leggermente liquida
parmigiano reggiano grattugiato. In alternativa burro, parmigiano reggiano grattugiato.
Il Libro
Don Pasta, per scrivere l’Artusi Remix, ha raccolto centinaia di ricette nell’arco di un anno, viaggiando per l’Italia ad incontrar “nonnine” o utilizzando le nuove forme di comunicazione (blog, facebook) per comunicare con i loro nipoti. Sorta di censimento della cucina italiana domestica e familiare del tempo presente, in cui si cerca di capire cosa sia cambiato nella cucina tradizionale e nella sua geografia. Ne viene fuori un ricettario della cucina popolare italiana costruito a partire dalle testimonianze della gente, un collage intergenerazionale di come si cucini oggi e di cosa si sia conservato della cucina del passato.
Don Pasta
Artista di fama internazionale, considerato dal New York Times come “uno dei più inventivi attivisti del cibo”, Don Pasta si confronta, con l’eredità di Pellegrino Artusi, grazie al pregevole contributo del comitato scientifico di Casartusi. Il suo primo progetto, Food sound system è divenuto un libro, edito da Kowalski, e uno spettacolo multimediale, in tournée tra Italia, Francia e Spagna, protagonista di importanti eventi per l’Auditorium Parco della Musica di Roma, Slow Food on film, Taormina Arte, Time in Jazz, Città del Gusto, Taste, Mescolanze Food Festival. A questo ha fatto seguito nel 2009 Wine Sound System sempre edito da Kowalski, tradotto anche in francese dal marzo 2011. Nel febbraio 2013 è stato pubblicato il suo terzo libro: La Parmigiana e la Rivoluzione. Collabora tra gli altri con Paolo Fresu, David Riondino, Daniele di Bonaventura. Scrive regolarmente per Slow Food, Repubblica, Left Avvenimenti e collabora con Smemoranda, Alias, Fooding, l’Università del Gusto di Slow Food, CasArtusi e Cultura gastronomica.