Una ricetta “essenziale” ma saporita, perfetta per la stagione calda, quando si ha voglia di cibi freschi e sfiziosi, che non richiedano troppa fatica ai fornelli. I pomodori col riso sono una specialità della cucina del Lazio da gustare come leggero piatto unico. La ricetta originale prevede, infatti, l’aggiunta delle patate, che rendono la pietanza più sostanziosa e completa, ideale per una cena d’estate. Nei ristoranti sono invece serviti spesso come antipasto, senza le patate.
Negli ultimi anni questo piatto della tradizione laziale è stato rivalutato grazie a volti noti del piccolo schermo come Anna Moroni e Benedetta Parodi, protagoniste di popolari trasmissioni tv, ma anche grazie a numerosi chef stellati che li hanno inseriti nei propri menu.
La tradizione a tavola
La preparazione è semplicissima: è sufficiente tagliare la calotta superiore dei pomodori – che devono essere grandi, rossi e ben sodi, per non rischiare di rompersi durante la cottura –, svuotarli e unire la polpa con il riso crudo e un trito di aglio ed erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, origano), facendo macerare il ripieno per una mezz’oretta. I pomodori devono essere poi riempiti con il miscuglio di riso e polpa, richiusi con la loro calotta e cotti in forno insieme alle patate tagliate a tocchetti, ricoprendo il tutto con un filo d’olio extravergine d’oliva. Il segreto è quello di mettere da parte un po’ di sughetto col quale irrorare le patate, che prenderanno così l’irresistibile profumo delle erbe mediterranee e un’invitante sfumatura tra il rosso e il dorato. Vanno gustati caldi o, al massimo, tiepidi, ma senza patate sono ottimi anche freddi e possono essere cucinati anche con un giorno d’anticipo e diventare protagonisti di un pranzo all’aperto o di un picnic.
È difficile stabilire con certezza quale sia l’origine dei pomodori col riso. Alcuni ritengono che siano nati nella Capitale, altri nella provincia di Rieti, nella zona dell’Alto Tevere. Si tratta comunque di una pietanza popolare, perché composta da ingredienti poco costosi e quindi accessibili a tutti.
Un’ipotesi affascinante ne attribuisce la paternità alla cucina ebraico-romanesca, che ci ha regalato ricette celebri come i carciofi alla giudìa, consumati dagli Ebrei al termine del digiuno dello Yom Kippur (il “Giorno dell’espiazione”) e le zucchine ripiene di carne, “inventate” dai sefarditi, che arrivarono in Italia alla fine del Quattrocento – dopo essere stati espulsi dalla Spagna perché rifiutatisi di convertirsi al Cristianesimo – e diedero vita a una gastronomia che risentiva di influenze spagnole e arabe.
I pomodori col riso, ancora oggi, compaiono sulle tavole della comunità giudaica nel periodo della Pesach, la Pasqua Ebraica, quando, in ricordo della fuga dall’Egitto, si osserva il divieto di mangiare cibi lievitati ed è ammesso soltanto il consumo di riso e pane azzimo. Non possono mancare nel menu delle osterie e taverne del Ghetto ebraico di Roma – istituito da papa Paolo IV Carafa nel 1555 –, il più antico d’Italia dopo quello di Venezia.