“Lontani parenti degli spaghetti”, come li definisce Giovanni Righi Parenti nel libro La cucina toscana in 800 ricette tradizionali (1991), i Pici sono una delle più celebri e più antiche paste fatte a mano italiane. Originari di Chiusi e San Casciano dei Bagni, due borghi della provincia di Siena appartenenti al territorio della Val di Chiana, sono ottimi cucinati all’aglione, con il sugo con le briciole o le uova di luccio, il classico ragù di salsicce e funghi o di “nana”.
Sono “una specie di spaghetti filati a mano”, per dirla sempre con le parole di Righi, impastati soltanto con “farina ed acqua e un pizzico di sale”. Nelle abitazioni toscane ancora oggi prepararli è un rito che richiede tempo e pazienza, nonostante gli ingredienti semplici possano trarre in inganno: vanno lavorati a lungo fino a ottenere un impasto dalla consistenza molto robusta, da stendere poi con il matterello, dividere a striscioline e arrotolare – appiciare, in dialetto – formando spaghettoni del diametro di almeno tre millimetri. In passato questo procedimento coinvolgeva tutte le donne di casa, anche le bambine, che erano addette proprio all’“arrotolamento” della pasta.
I pici sono stati “il nutrimento dei poveri per moltissime generazioni, che si contentavano di condirli con pochissimo olio o addirittura con solo sale ed un trito di cipolla”, racconta ancora il gastronomo senese. E che si tratti di una pietanza umile lo dimostra il fatto che nell’impasto non ci siano le uova, riservate ai momenti di festa o alle tavole dei ceti più elevati. Sui condimenti c’è solo l’imbarazzo della scelta: si va dal sugo di briciole – nato per riciclare il pane raffermo, che viene sbriciolato e fatto dorare in un tegame con olio e aglio –, all’aglione, un semplicissimo intingolo di aglio pestato con sale e pepe e utilizzato per far insaporire l’olio caldo, da servire con abbondante pecorino toscano grattugiato.
Nelle zone collinari i pici sono accompagnati da un sostanzioso ragù di salsicce, funghi freschi, pomodoro e cipolla, oppure da quello di “nana” (anatra) o germano reale. Intorno al Lago di Chiusi, invece, da febbraio a maggio vengono mangiati con uno squisito sugo a base di uova di luccio, cotte con olio, vino bianco, un battuto di cipolla, prezzemolo e pomodoro. E a Montalcino, il borgo famoso per la produzione del Brunello, il condimento per eccellenza è un ricchissimo ragù di carne vaccina, pollo, prosciutto, salsicce e fegatini, che in passato veniva cucinato esclusivamente per il pranzo della domenica.
Da provare anche la saporita e profumata salsa all’etrusca, ottenuta con tuorli d’uovo sodo mescolati con aglio tritato, prezzemolo, menta, basilico e olio extravergine d’oliva.