Una “crema speciale preparata col brodo invece che con il latte”. Così l’enogastronomo senese Giovanni Righi Parenti, nel volume La cucina toscana (1995), descrive la ginestrata, “un’antica pozione” originaria della zona del Chianti e diffusa fino alla Val di Chiana e al Val d’Arno.

Ginestrata toscanaÈ una ricetta a cui in passato erano attribuite funzioni rinvigorenti, che veniva somministrata come una sorta di medicina a feriti, ammalati e a quanti avessero bisogno di riacquistare le forze dopo un periodo di indisposizione. Al suo interno, infatti, troviamo un mix di ingredienti dal forte potere ricostituente: tuorli d’uovo mescolati con lo zucchero, albumi montati a neve, un bicchierino di vin santo secco, cannella, noce moscata – talvolta anche chiodi di garofano e un po’ di coriandolo in polvere, dalle proprietà antibatteriche e antinfiammatorie – e brodo di pollo – un rimedio della nonna sempre valido per guarire più in fretta da raffreddore e malanni di stagione –, che trasforma questa sorta di zabaione speziato in una zuppa vera e propria, dal sapore molto particolare. Il composto viene poi trasferito sul fuoco e arricchito da un pezzetto di burro, raggiungendo così una consistenza cremosa.

Considerata una sorta di panacea per tutti i mali, “uno stimolante alle più ardue imprese, un tonico sicuro e infine un afrodisiaco” – scrive ancora Righi Parenti –, nei secoli scorsi la ginestrata veniva persino donata alle coppie di novelli sposi, per permettere loro di ‘riprendersi’ dopo la prima notte di nozze! Spesso era proprio la madre dello sposo a regalarla alla nuora, per accoglierla in casa sua, riponendola all’interno di un piccolo vassoio ricavato da rametti di ginestra intrecciata – da cui il nome dato alla pietanza.

A differenza di altri celebri piatti della tradizione regionale, come la panzanella, la pappa al pomodoro e la ribollita, la ginestrata non nacque nelle umili abitazioni dei contadini, ma nelle ricche dimore dei nobili. Le spezie, infatti, erano costose e non di certo alla portata delle fasce più povere della società. La sua preparazione, molto probabilmente, ebbe origine in epoca rinascimentale, tra il XV e il XVI secolo, quando in Europa, lungo la Rotta delle Spezie – la via marittima compresa tra Lisbona e l’isola indonesiana delle Molucche – iniziarono ad arrivare cannella, chiodi di garofano, pepe e altri aromi.

 

La ricetta

Ingredienti per 4 persone

1/2 litro di brodo di pollo
4 tuorli d’uovo
60 gr di burro
4 cucchiai di vin santo
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1/2 cucchiaino di zucchero
Un pizzico di noce moscata

Procedimento

Montate gli albumi a neve e, a parte, sbattete i tuorli con un cucchiaio di zucchero; unite le due preparazioni aggiungendo anche il vin santo, la cannella e, gradualmente, il brodo. Mettete il composto sul fuoco, all’interno di un tegamino di coccio, e unite il burro, mescolando. Quando la crema si sarà addensata, toglietela dal fuoco, versatela nei piatti e ricoprire la superficie con lo zucchero e un pizzico di noce moscata. A piacere è possibile mettere il composto in forno per qualche minuto per farlo rapprendere: diventerà simile a un budino.

 

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