Mini cupcakes in glass tray on buffetNe Il Piacere, il romanzo con cui Gabriele D’Annunzio inaugura l’epoca del decadentismo ma anche dell’estetismo, il Vate elogia il dessert e la sua presentazione come l’apice della cucina.

Il finale del pranzo era, come sempre in casa d’Ateleta, splendidissimo – scrive D’Annunzio – poiché il vero lusso d’una mensa sta nel dessert. Tutte quelle squisite e rare cose dilettavano la vista, oltre il palato, disposte con arte in piatti di cristallo guarniti d’argento”.

Il “dessert” è indicato come l’apoteosi della gastronomia e, infatti, in questo passo del testo la descrizione diviene più aggraziata. Anche ne Il Piacere – uno dei romanzi più noti e importanti del poeta e drammaturgo italiano di cui nel 2013 si è celebrato il 150° della nascita –, come in molti altri testi di D’Annunzio, il cibo non viene mai citato o descritto direttamente perché, ed è questo uno dei fondamenti dell’opera dannunziana, l’aspetto decorativo parla alla vista e dunque alla testa e non al palato.

È il 31 dicembre del 1886, il protagonista Andrea Sperelli, giovane aristocratico, aspetta l’ex amante Elena Muti nella sua casa romana. Nell’attesa ripensa alla scena del loro addio, avvenuto quasi due anni prima, nel marzo 1885, su una carrozza in via Nomentana. D’Annunzio in questa parte del romanzo ripercorre la storia della casata degli Sperelli, gli insegnamenti ricevuti da Andrea, l’arrivo del giovane a Roma. La rievocazione prosegue con il primo incontro tra Sperelli ed Elena, a una cena a casa della marchesa di Ateleta, cugina del protagonista.

 

Iscriviti alla newsletter
per rimanere sempre aggiornato
sul mondo di Rovagnati