culatelloTagliato a mano e accompagnato soltanto da una fetta di pane casereccio e da un fiocchetto di burro. È il modo migliore per assaporare il gusto dolce e delicato del Culatello di Zibello, tra i salumi italiani più nobili, e godere appieno del profumo intenso e della morbidezza delle sue carni.

Ottimo, ad esempio, come antipasto, su crostini o tartine – unito a un formaggio cremoso come lo Squacquerone romagnolo, lo Stracchino o la Robiola – o abbinato al classico melone, ma anche come ingrediente ricercato per impreziosire una fresca insalata estiva con misticanza e noci, rucola e olive, pere e formaggio. Nei primi, è impiegato per condire i tagliolini, rosolato con burro e salvia, le tagliatelle – quelle con gli asparagi o la crema di Parmigiano Reggiano sono un piatto gourmet –, ma anche nelle lasagne o nei risotti.

Per apprezzarne il gusto, prima di consumarlo si deve seguire un rigoroso rituale preparatorio, spiegato con precisione sul sito dell’Accademia del Culatello, l’associazione che si adopera per diffondere e far conoscere questo straordinario prodotto: dopo aver tolto lo spago e la vescica che lo riveste, la carne va sciacquata e spazzolata sotto l’acqua corrente, asciugata con cura e messa a riposo per qualche giorno, avvolta in un canovaccio inumidito con del vino bianco secco, per riacquistare la tenerezza. A questo punto è pronta per essere tagliata con un coltello (l’affettatrice ne comprometterebbe il sapore), essere gustata così com’è o diventare protagonista di raffinate ricette.

Storicamente legato alla tradizione contadina della Bassa Parmense, il Culatello vanta estimatori celebri come Giuseppe Verdi – originario di Busseto, uno dei comuni dove viene prodotto da secoli – e Gabriele D’Annunzio, che in una lettera del 1891 indirizzata a Renato Brozzi di Traversetolo (Parma) – suo scultore e orafo personale, che glielo aveva fatto assaggiare per la prima volta – si definiva “cupidissimo amatore” del prelibato salume.

Oggi la produzione del Culatello di Zibello DOP si attesta sui 50mila pezzi l’anno e il salume, restando comunque un prodotto artigianale e “di nicchia” per la sua qualità sopraffina, viene distribuito sia sul mercato nazionale (salumeria, ristorazione) che su quello estero.

 

Il Marchio DOP e il Presidio Slow Food

Dal 1996 il Culatello di Zibello è tutelato dalla Denominazione di Origine Protetta, che vigila sul meticoloso procedimento di produzione, che avviene tra settembre e febbraio ed è localizzato esclusivamente in otto comuni della provincia di Parma (Zibello, Busseto, Polesine, Soragna, Roccabianca, Sissa, San Secondo, Colorno), utilizzando carne di maiali pesanti allevati tra l’Emilia Romagna e la Lombardia.

Dalla coscia del suino adulto, decotennata, sgrassata e disossata, viene prima tolta una parte di qualità inferiore – il fiocchetto – e da quella più tenera e pregiata (la noce) si ottiene il Culatello. La carne, cosparsa di sale, è massaggiata energicamente da uno a sei giorni e messa a riposare in cella frigorifera, insaccata nel budello – questa fase è detta “investitura” –, legata con lo spago e manipolata dal tocco esperto dei norcini che le conferiscono la caratteristica forma “a pera”. Poi, dopo un periodo di asciugatura in ambiente secco e talvolta riscaldato, il Culatello è messo a stagionare per almeno dieci mesi in cantina, dove l’umidità favorisce la lenta maturazione della carne. Il passaggio dal freddo pungente dell’inverno al caldo torrido dell’estate nella Bassa Parmense contribuisce significativamente all’unicità del prodotto.

Il Culatello fa parte anche dei Presidi Slow Food dell’Emilia Romagna, formato da sole quattro aziende della provincia di Parma: a differenza di quello DOP, il salume del Presidio è prodotto da novembre a gennaio (il periodo di riposo, infatti, avviene senza l’ausilio di impianti di refrigerazione) e stagionato più a lungo, per almeno 18 mesi.

culatello rovagnatiDiverso è il Culatello di Rovagnati che, pur ricavato dalla stessa parte della coscia di quello tradizionale, a differenza di quest’ultimo prevede il mantenimento della cotenna per tutta la durata della stagionatura ed è caratterizzato da un sapore dolce e da un’elevata morbidezza.

 

Curiosità

Per accertarsi che la carne utilizzata per il Culatello fosse sufficientemente morbida, i norcini avevano l’abitudine di osservare i maiali dormire: la coscia prescelta era quella dove i suini non si erano appoggiati durante il riposo.

Realizzato già nel XV secolo – quando veniva regalato agli sposi o costituiva un dono dei sudditi verso i loro signori –, nei secoli passati il salume era chiamato “investitura” (dal nome della fase di insaccatura), dal momento che la parola culatello era considerata volgare e “sconveniente”. Solo nel 1735, in un documento del Comune di Parma, il termine fu impiegato ufficialmente. A riabilitare questo nome pensarono poi il poeta dialettale parmense Giuseppe Callegari e soprattutto D’Annunzio, grazie al suo scambio epistolare con Renato Brozzi.

 

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