cardi gobbi al pecorinoCrudo insieme ai finocchi, alle carote, ai peperoni, alle zucchine è tra le verdure che accompagnano la bagna càuda, la celebre salsa piemontese a base di olio extravergine d’oliva, aglio e acciughe, così come tagliato a listarelle sottili viene servito con il pinzimonio. Ma è cotto che il cardo trova il maggior numero di impieghi in cucina. Protagonista di prelibate specialità regionali, come la zuppa natalizia diffusa tra Abruzzo e Molise e nel beneventano, in cui viene cotto nel brodo di cappone insieme a rigaglie di pollo e polpettine di manzo, o la parmigiana siciliana, una rivisitazione della più famosa versione con le melanzane, con mozzarella, salsa di pomodoro e formaggio grattugiato, è disponibile al mercato da novembre fino a febbraio. I cardi, di origine antichissima, sono un ortaggio tipicamente invernale che appartiene alla famiglia delle Asteracee, la stessa dei carciofi, con cui condividono il caratteristico sapore amarognolo. La forma, però, ricorda quella del sedano, anche se il gambo – che è la parte commestibile e ha una consistenza croccante – è molto più lungo e può superare il metro di lunghezza.

Nel Centro e Sud Italia lo si mangia fritto, dopo averlo impanato con farina, uovo e pangrattato o passato in tempura, una pastella di farina, acqua e lievito di birra; in Basilicata viene saltano in padella con olio e peperoncino e servito con uova sbattute e una spolverata di pecorino, in uno dei più classici piatti lucani; in Puglia si cucina ricoperto con uova sbattute, pane grattugiato, pecorino, aglio e prezzemolo tritati e poi gratinato in forno.

I cardi sono buonissimi pure in umido (cotti in un tegame con olio, cipolla e sugo di pomodoro), passati in forno con la besciamella, ripieni di uova sbattute e formaggio – una ricetta tipica di Genova – oppure di prosciutto cotto e fior di latte o salame e formaggio. Una menzione speciale meritano i cardi ‘trippati’ alla Toscana – chiamati così perché serviti con il parmigiano grattugiato, come la trippa alla fiorentina –, che vengono sbollentanti in acqua, cotti in un tegame con burro, qualche cucchiaio di brodo, parmigiano e un pizzico di cannella, passati nel pangrattato e fritti e infine gratinati al forno con fiocchetti di burro e formaggio. Per tutte le preparazioni è necessario lessarli prima, per renderli più morbidi, aggiungendo qualche goccia di limone per evitare che assumano una tipica colorazione bluastra.

 

Le varietà

Nel nostro Paese si coltivano diverse varietà del gustoso ortaggio: il Gobbo di Monferrato, tipico dell’omonima zona del Piemonte e dalla forma simile ad un uncino, il Cardo di Bologna, privo di spine, il Gigante di Romagna e quello di Chieri (Torino), di origine piemontese. Nel Salento, in Calabria e in Sardegna cresce spontaneamente il cardo mariano (Silybum Marianum), detto ‘della Madonna’, ‘benedetto’ o ‘santo’ – perché, secondo una leggenda, una goccia di latte caduta dal seno della Vergine mentre allattava Gesù donò a questa pianta straordinarie virtù curative –, dotato di foglie increspate che vengono cucinate in insalata oppure impiegate per tisane e liquori.

 

Depurativo e antiossidante

Costituito per il 94% da acqua e povero di grassi, il cardo ha effetti depurativi e diuretici. Contiene sali minerali come potassio e fosforo, vitamine del gruppo B e vitamina C, che lo rende adatto a prevenire raffreddori e malanni stagionali. Quello mariano è molto utilizzato in fitoterapia per le sue virtù benefiche: i semi, infatti, contengono la silimarina, una sostanza in grado di disintossicare il fegato dalle tossine – in particolare, agisce contro i danni prodotti dall’eccesso di alcool –, e la silibina, dall’azione antiossidante.

 

Utilizzato come caglio per il formaggio

Originario dell’Africa – le prime tracce di questo ortaggio sono state ritrovate in Etiopia – il cardo era già conosciuto in età romana, tanto che Plinio il Vecchio lo citava, nel 77 d.C., nella sua Naturalis Historia. In passato dai semi si ricavava un caglio vegetale utilizzato nella produzione del formaggio: un antichissimo procedimento che oggi sopravvive in alcuni Paesi europei, come il Portogallo e la Spagna, patria del Serra da Estrela e del Serpa (portoghesi), del formaggio della Serena e della Torta del Casar (spagnoli), tutti a base di latte di pecora. Anche la nostra Penisola ha il suo cacio cagliato con i semi di cardo: è il Pecorino delle Balze Volterrane, prodotto in provincia di Pisa, di recente entrato nel registro delle specialità a marchio DOP.

 

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