Avete presente quando, tra fine giugno e inizio luglio, i campi appaiono dorati e affascinano chiunque li guardi, anche solo da lontano? È proprio da questa immagine che partiamo per un viaggio che ci porta nel mondo delle farine: infatti, a rendere i campi così risplendenti sono le spighe pronte per la mietitura, il processo di taglio e raccolta dei cereali maturi, che rappresentano il primo passaggio del processo di produzione della farina.

Per spiegarci questo impegnativo ma altrettanto avvincente lavoro, siamo andati a Mantova, per la precisione a Cesole di Marcaria, e abbiamo chiamato in causa un Mugnaio che ci piace definire 3.0 perché ha saputo bilanciare la storia di famiglia con le innovazioni tecnologiche più di avanguardia: Gianluca Pasini di Molino Pasini.

«Dopo la mietitura – racconta il Mugnaio – si passa alla trebbiatura, che isola il chicco di grano dal resto della pianta. Talvolta però queste due operazioni vengono svolte insieme, per questo si parla di “mietitrebbiatura”». E ciò che rimane dalla mietitura? È presto detto: la parte di pianta che rimane dal taglio della spiga viene pressata e conservata nelle grandi balle che si vedono nei campi, per poi essere utilizzata durante i mesi successivi come mangime per gli animali.

Ma, in concreto, come fa il grano a diventare farina? In primo luogo, si parte da un’accurata selezione della materia prima, che viene analizzata attentamente dal laboratorio di ricerca e sviluppo per accertarne la qualità.  I chicchi vengono puliti, poi miscelati con altri grani e la miscela così ottenuta viene bagnata per fare in modo che i chicchi si rompano più facilmente, – «ed è proprio durante la fase della miscelazione che il mugnaio fa la differenza», sottolinea Gianluca Pasini. Si passa poi a due fasi molto importanti: la macinazione che permette di ottenere farine di tipologie diverse, e la setacciatura. Un tempo le nonne passavano la farina nei setacci, mentre oggi questo procedimento è meccanizzato attraverso macchinari dal nome complicatissimo, i Plansichter.

Quanti tipi di farina esistono? Le farine si dividono a seconda del contenuto di ceneri, le sostanze minerali presenti al loro interno (per i profani, dalle più chiare alle più scure): la farina di grano tenero tipo 00 è la più chiara, seguono la tipo 0, la tipo 1 e la tipo 2, fino ad arrivare alla farina integrale, la più scura.

Ma anche la forza è un valore distintivo importante per le farine: indicata con la lettera W, ha un legame con il valore delle proteine. Più una farina è forte, più il W è alto e più la farina è proteica (si consideri che la gran parte delle proteine presenti nella farina è costituita da glutine – nello specifico gliadina e glutenina – ovvero proteine vegetali) e quindi più adatta a preparare i prodotti a lunga lievitazione e alta idratazione: questo perché la farina con un W alto ha una maglia glutinica e proteica più resistente per sopportare più a lungo il processo di fermentazione e lo sviluppo dell’impasto. Dall’altra parte, se una farina è debole e ha un W basso, sarà meno proteica e più adatta per confezionare biscotti o torte da credenza e prodotti a lievitazione diretta.

Quindi quando acquistiamo la farina, possiamo scegliere fra un’ampia gamma. La farina non è solo farina: è la base della nostra alimentazione, è arte, è grande cucina e, per Gianluca Pasini e la sua famiglia, è una passione che si tramanda di generazione in generazione dal 1950.

 

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