Imoche_fruits_vegetables.jpg.662x0_q100_crop-scalen Francia sono i nuovi protagonisti dei banchi ortofrutticoli di supermercati e negozi. Ma già hanno conquistato la Gran Bretagna e la Spagna e si preparano a sbarcare in tanti altri Paesi. Sono frutta e verdura “brutta”: mele, pere, melanzane e peperoni che fino a poco più di un anno fa si scartavano, e poi destinati all’industria di trasformazione (succhi, marmellate, etc…) o addirittura al macero. Nel marzo 2014 sono stati rivalutati grazie ad una campagna di comunicazione dell’insegna di supermercati francese Intermarchè “Les Fruits & Légumes moches”. E oggi, a un anno di distanza, il bilancio è più che positivo.

La direttrice dell’Iper di Provins, Marie Sophie Ferte, esattamente un anno fa, decide di mettere in vendita con il 30% di sconto, una partita di frutta e verdura di ottima qualità ma di seconda scelta. In due giorni esaurisce 1,5 tonnellate di frutta e verdura “brutta ma buona” e l’iniziativa si ripete fino ad essere adottata dalla catena di supermercati francesi.

 

Il motivo del successo

www.descombatsquicomptent.fr
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Ma cosa ha fatto scattare la molla dell’acquisto di frutta e verdura “moche” per dirla in francese? Cosa spinge, oggi, un consumatore a scegliere ed acquistare prodotti che fino a qualche tempo fa erano demonizzati? Il prezzo (di poco più basso) non può incidere più di tanto. Forse è quel sentiment, ormai largamente diffuso, che ci ha fatto riconsiderare e recupare i valori di un tempo legati al mangiarebuono.

Generalmente siamo abituati, infatti, a scartare frutta e verdura con difetti “estetici”: qualche ammaccatura, un piccolo forellino, una macchietta o qualche danno sulla buccia. Evitiamo categoricamente, invece, quelli che presentano anomalie: mele o pere deformate, peperoni con escrescenze, melanzane o carote biforcute, limoni gemelli… che attribuiamo a trasformazioni genetiche o a chissà quali diavolerie chimiche. E’ inutile dire che nella maggioranza dei casi il nostro pensiero è condizionato da dicerie e/o notizie infondate, oggi sempre più diffuse sul web. Siamo alla continua ricerca (e paghiamo anche di più) di frutta e verdura perfette, senza macchie, magari lucide e la vogliamo tutto l’anno. E se fossero queste quelle nocive o comunque meno buone? Sicuramente non è così, sono solo il frutto di coltivazioni intensive e trattamenti meccanici che hanno l’obiettivo di portare i frutti migliori sui banchi di vendita e sulle tavole. D’altra parte anche l’occhio – come si dice – vuole la sua parte.

 

La tradizione contadina

In Italia quella di recuperare la frutta e verdura “brutta”, cioè quella poco o per niente trattata e comunque proveniente principalmente da piccole aziende agricole o agriturismi, è una prassi ormai consolidata che dobbiamo principalmente ai farmer market promossi dalle principali associazioni di categoria: Cia, Coldiretti e Confagricoltura. E pensare che poco più di mezzo secolo fa i nostri nonni mangiavano prevalentemente frutta e verdura “brutta ma buona”. I contadini non gettano mai niente dei frutti della terra e del loro lavoro: a meno che non è commestibile per altre ragioni i prodotti della terra, anche quelli meno presentabili, sono tutti buoni.

 

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