Da secoli, nei giorni che precedono la Festa di Santa Lucia, Verona ospita i Banchéti de Santa Lussia, i suggestivi mercatini allestiti nella zona che circonda l’Arena, tra Via Roma, Piazza Bra e Piazza Cittadella. Una storica manifestazione che dal 10 al 13 dicembre richiama nel capoluogo veneto centinaia di venditori – quest’anno saranno 268 – provenienti da tutta Italia, che espongono decorazioni natalizie fatte a mano, prodotti di artigianato e giocattoli, insieme a salumi e formaggi, oli e vini pregiati, miele, dolci e altre eccellenze enogastronomiche della nostra Penisola.
Tra una passeggiata fra le bancarelle e una visita ai monumenti, ci si può fermare nei ristoranti della città scaligera per gustare le succulente specialità che, nel periodo natalizio, compaiono sulle tavole del Veneto. A cominciare dal classico antipasto di salumi e formaggi locali, tutti a marchio DOP: la Sopressa Vicentina – un salame largo ricavato da tagli suini pregiati (spalla, coppa, lombo, pancetta e grasso di gola) aromatizzati con una miscela di cannella, chiodi di garofano, pepe e rosmarino –, il Prosciutto Berico-Euganeo, un crudo lavorato tra Padova, Vicenza e Verona da oltre seicento anni, l’Asiago, il Piave fresco o stagionato e il Monte Veronese, prodotto sui pascoli della Lessinia, che si caratterizza per il gusto delicato che ricorda il latte appena munto. Prelibatezze da accompagnare con la mostarda di mele cotogne e canditi, cotti con zucchero e qualche goccia di essenza di senape: nata in passato dalla necessità di conservare la frutta fuori stagione, oggi viene servita tradizionalmente durante le feste di fine anno, con mascarpone e altri formaggi, ma anche con l’arrosto e la carne ai ferri.
In Veneto, come in molte altre regioni italiane, il classico primo piatto del pranzo di Natale è il brodo di cappone, in cui vengono cotti i ravioli o gli agnolini, minuscoli tortelli ripieni di carni miste e grana. Ma val la pena assaggiare pure primi non natalizi, come risi e bisi (riso con piselli e pezzetti di carne d’oca), il risotto al tastasal (un impasto di pancetta e spalla suina che in passato veniva prodotto per tastare il livello di salagione della carne prima di insaccarla), i tortelli con la zucca, tipici della bassa veronese, e la polenta infasolà, un’antica e umile ricetta contadina in cui la polenta è servita con fagioli borlotti cotti con acqua, cipolla e olio extravergine d’oliva. Tra i secondi, sulla tavola delle feste troviamo il lesso di manzo al rafano – il cren, come viene chiamato nella regione –, una radice dal gusto piccante, grattugiata e mescolata con aceto, zucchero e pangrattato per preparare una salsa agrodolce. E poi il ricco bollito misto (manzo, gallina, cotechino, lingua salmistrata e testina di vitello) con la pearà, una salsina cremosa fatta con brodo, burro, pangrattato e midollo di bue.
E per finire non può mancare, naturalmente, il pandoro di Verona, nato nel 1884, quando Domenico Melegatti ottenne il brevetto per realizzare il soffice dolce dalla caratteristica forma di una stella. Nelle pasticcerie veronesi, oltre che buonissimi pandori artigianali, è possibile acquistare anche il loro ‘antenato’, il nadalin, più basso e meno burroso, preparato per la prima volta nel 1262, anno in cui la famiglia della Scala prese in mano il governo della città.