
Portare a casa la doggy bag quando si pranza o si cena al ristorante, per evitare di sprecare pasta, carne, verdure che rimangono nel piatto, è un gesto che sta lentamente entrando a far parte dei costumi degli italiani; talvolta sono gli stessi locali a consegnarla ai clienti senza aspettare la loro richiesta, per evitare imbarazzi. Ma cosa succede alle grandi quantità di alimenti che ogni giorno avanzano nelle mense scolastiche? Dalle scuole proviene una larga fetta degli sprechi nel nostro Paese, con una percentuale di cibo che finisce tra i rifiuti che si aggira attorno al 13% (dati Cittadinanzattiva, XII Rapporto nazionale “Sicurezza, qualità, accessibilità a scuola”). Una cifra enorme, se si pensa che i pasti distribuiti ogni mese agli studenti, da nord a sud della Penisola, sono 49 milioni.
Da qualche mese un’iniziativa di Legambiente sta cercando di ridurre il fenomeno e sensibilizzare i più piccoli al valore del cibo: è la “Good Food Bag”, una doggy bag che consente a bambini e ragazzi di portare via ciò che non riescono a consumare a mensa, mangiandolo poi a casa con la propria famiglia. Il sacchetto anti-spreco firmato dall’organizzazione è di plastica lavabile, riutilizzabile e riciclabile ed è fatto per contenere pane, prodotti da forno, frutta non sbucciata, merendine e budini, insieme a cibi già cucinati ma ancora chiusi nelle vaschette. Morbido e richiudibile, riesce a reggere fino all’equivalente di due litri di latte in cartone. È pensato principalmente per le scuole, ma può essere richiesto anche da ristoranti e bar, mense aziendali, amministrazioni pubbliche e semplici consumatori, sui siti www.legambiente.it e www.viviconstile.org.
“Nel mondo, secondo i dati della FAO, un terzo del cibo prodotto finisce nella spazzatura – spiega Laura Primerano di Fondazione Legambiente Innovazione –. In Italia, secondo le stime di Last Minute Market, ogni famiglia getta nella spazzatura almeno un chilo di cibo al mese. La Good Food Bag nasce proprio per contrastare questo spreco di cibo e per fare in modo che portarsi a casa il cibo avanzato sia un motivo di orgoglio”.
L’altro scopo del progetto, infatti – oltre a far diminuire la quantità di pane, pasta, frutta e altri alimenti sprecati – è quello di far comprendere ai giovanissimi che recuperare gli avanzi è un gesto necessario e intelligente. Necessario nei confronti dell’ambiente – perché riducendo gli sprechi cala anche la quantità di rifiuti – e di quanti non hanno cibo a sufficienza per vivere (oltre sei 6 milioni di persone in Italia, 795 milioni nel mondo). Intelligente per la propria famiglia, dal momento il cibo buttato via viene pagato due volte, prima come alimento da acquistare, poi come rifiuto da smaltire.
Per questo l’organizzazione unisce alla distribuzione delle bag una campagna di educazione allo spreco, invitando coloro che utilizzano lo speciale sacchetto a entrare a far parte della community “Noi usiamo la Good Food Bag” su Viviconstile.org, il portale che riunisce i cittadini che adottano comportamenti ‘virtuosi’ come riciclare gli avanzi, coltivare un piccolo orto sul balcone di casa, condividere l’auto, bere l’acqua del rubinetto o fare la raccolta differenziata. E su Legambiente.it dà alcuni consigli pratici ai dodici milioni di persone che ogni giorno, in Italia, pranzano fuori casa, come quello di “evitare porzioni eccessive rispetto al proprio appetito” e, se non si mangia in mensa, portare al lavoro o a scuola una schiscetta ‘sostenibile’, “magari preparata a casa con gli avanzi della sera prima”.