Immancabile in cucina, l’aglio è uno dei cardini dell’alimentazione da tempi lontanissimi. Cotto è usato principalmente per insaporire le verdure saltate in padella, come broccoletti, bietole, scarole e “friarielli” partenopei, oppure negli spaghetti “aglio, olio e peperoncino”, in cui è soffritto in abbondante olio extravergine e dà carattere a un primo essenziale.
I suoi estimatori lo gustano marinato, lessato insieme ad aceto, vino bianco, alloro, chiodi di garofano, zucchero e sale, poi conservato nel liquido di cottura e mangiato in purezza, come aperitivo. Sbucciato e schiacciato sprigiona tutto il suo sapore, mentre “vestito” o “in camicia”, ovvero non privato della pellicola protettiva, risulta più delicato al palato.
Crudo trova molteplici utilizzi: tagliato finemente, ad esempio, arricchisce la “caprese”, fresco piatto estivo a base di pomodori rossi e mozzarella, la focaccia e la marinara, una pizza condita soltanto con sugo e origano. Pestato nel mortaio è uno degli ingredienti del pesto alla genovese e, ancora, strofinato sul pane tostato dà un tocco in più a una semplice bruschetta.
Originario della Cina e dell’India, dove cresce spontaneamente, ai giorni nostri è coltivato nel bacino del Mediterraneo e in particolare nel nostro Paese, dove ne esistono almeno cinque varietà: il Piacentino Bianco, quello più comune, il rosso di Sulmona, l’aglio di Caraglio (Cuneo), che si distingue per l’aroma delicato e dal 2009 è protetto da un Consorzio di tutela e valorizzazione, il bianco di Vessalico (Imperia) e il rosso di Nubia (una frazione di Paceco, in provincia di Trapani) – gli ultimi due Presidi Slowfood.