Un saporito intingolo di cipolle bianche, tagliate a fettine sottilissime e lasciate appassire in olio extravergine d’oliva e burro, che “accoglie” fegato di vitello a pezzetti, da cuocere per quattro o cinque minuti – non uno di più, altrimenti si corre il rischio che diventi duro.
Il Figà àea Venessiana – come è chiamato nella sua terra natale – va preparato così, con ingredienti semplici e “poveri” che non gli hanno impedito di diventare una bandiera della cucina veneta nel mondo. Non c’è ristorante italiano all’estero che non lo proponga nel menu, tra spaghetti al pomodoro, pizza e arancini.
Merito del contrasto tra due sapori importanti che si uniscono in un connubio sorprendente: la cipolla bianca di Chioggia – coltivata da sempre nella cittadina della laguna veneta e impiegata anche in un’altra celebre pietanza locale, le sarde in saòr –, in particolare, “ammorbidisce” il gusto quasi ferroso del fegato, rendendolo gradito a ogni palato.
Nelle case del Veneto qualcuno aggiunge anche un goccio d’aceto – un escamotage che in passato, quando il frigorifero non esisteva, serviva a mascherare l’odore della carne quando non veniva consumata subito dopo l’acquisto – al termine della cottura, prima di portare in tavola il piatto caldissimo. Qualcun altro – e qui forse i “puristi” non saranno d’accordo –, ancora, preferisce ingentilire il fegato con un goccio di latte, una spruzzata di aceto balsamico o di vino bianco.
Questa pietanza, nelle case come nei ristoranti di Venezia, viene tradizionalmente servita con la polenta di mais bianco, diffusa in particolare nel nordest della Penisola, e con vini rossi fermi prodotti nella regione, come il Breganze Cabernet Sauvignon Doc, asciutto e vellutato, o il Colli Euganei Cabernet Franc Riserva Doc, dall’intenso aroma erbaceo.